Croci e delizie

Croci e delizie

Croci e delizie

 

Lo sviluppo vegetativo era in anticipo di quindici giorni. Marzo era stato preludio di un approccio timido e Aprile aveva ereditato, costudita nelle sue temperature quasi estive, la sensazione che qualcosa di straordinario stesse per accadere. Ma tutto avvenne alle prime ore dell’alba fra il crepuscolo e l’albeggiare nella notte fra il 26 e il 27 aprile 2016.

I vigneti della Borgogna sembravano disegnati nel prendere forma e sembianze di grandi ed infiniti campi santi, come quando i lumini accesi brillano al calar delle tenebre.

Le temperature si abbassarono a -4 gradi con punte anche di -7 in quella notte, episodio che ormai da circa 10 anni non si era più verificato. Fu quella notte che i vignerons delle zone colpite difesero, a suon di falò, le loro vigne dal gelo che proveniva silente e spavaldo da nord.

Quello che rimase sul campo di battaglia, fu un misero 20/30% di speranze ancora intatte. Tutto il resto era stato inesorabilmente decimato, cancellato da quelle terre di poesia ma non dalla memoria di chi le aveva difese. Nebbia, fumaioli di lanterne appena spente, vignerons disperati, tristezza ed incredulità… questa era la cornice al mattino seguente. Chi lo ha vissuto… lo ricorderà per sempre.

E’ una risposta a quei clienti che chiedono, giustamente, perché l’annata 2016 in Borgogna è così rara, ma soprattutto perché così prestigiosa e ‘quasi colpevolmente’ per pochi. Poteva essere l’annata del secolo, irripetibile per qualità e quantità.. ma per ovvie ragioni lo sarà, forse, solo per qualità.

Fra quei vignorons c’è un ragazzo esile, taciturno, timido nei modi, occhi azzurri che raccontano la memoria di tempi mai cancellati, con la testa rasata che lascia intravedere quei pochi capelli fra il biondo ed il grigiastro. In tasca ha una laurea in ingegneria, una smodata passione per la fotografia, per l’alpinismo ed è cresciuto in Alsazia. Ha ereditato la passione per il vino, da suo padre, che un bel giorno gli ha consigliato di traferirsi in Borgogna ed accudire dei vigneti di proprietà, che sarebbero presto diventati il suo indiscusso amore. Si stabilisce in un piccolo paesino con poco meno di 400 anime: Chassagne-Montrachet.

Quel giovane, taciturno, ragazzo con il passar degli anni ed un percorso di esperienze porta la sua produzione attuale a circa ventimila bottiglie. Oggi le sue vigne sono situate niente poco di meno che a Chassagne, Beaune, Pommard, Mersault e a Puligny.

“Il vino non deve riflettere il gusto soggettivo del produttore ma rispecchiare l’originalità del territorio e soprattutto deve rispettare il carattere dell’annata che lo genera” – questa la filosofia ed il protocollo di Vincent.

Nelle vigne c’è ancora l’utilizzo dei cavalli e nella cantina nessun additivo chimico.

I suoi vini sono un mix di potenza e concentrazione, pulizia ed eleganza. Esempio ne è questo Pinot Noir del 2016 (eh si!!), di cui ha imbottigliato solo 600 esemplari. 18 mesi di affinamento, fra cui un passaggio in legno, viti  giovani soltanto di 67 anni.

 Boom, bellissimo rosso rubino. Al naso subito sentori di sottobosco, funghi e muschio. Al palato è una esplosione di frutti rossi, marasca e liquirizia. Ma anche genziana, rabarbaro. Rotondo, setoso e tannini levigati. E’ un vino composto e molto bilanciato.

Siamo in due, ma i sentori si affievoliscono dopo un po’, la bottiglia è finita… nei nostri occhi ancora la poesia di una notte che cambiò il destino.

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